Dati sul viaggio
Dettagli tecnici
Partenza : Pietramurata
Arrivo : Pietramurata
Tempo : 61 ore e 16 minuti
Distanza : 604 Km
Dislivello positivo : 13.500 m
Tipologia di strade : 100 % Asfalto
Altre info
Natura e panorami : Bellissimi
DifficoltÃ
Fisica : Elevata
Trovare alloggi : Media
Cibo ed acqua : Bassa
Officine e pezzi di ricambio : Medio/Alta
Traffico : Basso (Tranne nei pressi di Bolzano)
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- Super Randonnèe delle Dolomiti : Pietramurata – Pietramurata – 604 Km – 13.500 m D+
L'arrivo e l'attesa
5 Giugno 2017 – Quando scendo dal bus il tempo non è dei migliori a Pietramurata, dalla fermata al negozio dove devo ritirare la carta viaggio passano pochi metri ma quando entro sono già completamente bagnato, mi presento, faccio due chiacchiere, prendo la carta e vado diretto in campeggio distante 5/600 metri, mentre monto la tenda, il tempo migliora adesso c’è solo una leggera pioggia.
Inizio a montare la bici ma mi accorgo di essere talmente in ansia da non riuscire a montare il manubrio, ci vogliono addirittura dei minuti per montare 4 viti, subito dopo mi accorgo che la filettatura della pedivella è completamenete rovinata ed è impossibile montare il pedale, devo quindi tornare al volo in negozio per farla riparare.
Simpatico siparietto quando vedono la mitica Salsa Fargo che prima era chiusa in valigia, mi dicono che era da matti  salire su questi passi con una bici in acciaio così pesante, non mi lascio intimorire, d’altronte io e lei ci eravamo fatti una promessa qualche settimana prima durante uno dei miei ultimi allenamenti.
All’uscita del negozio incontro un gentile ragazzo, uno di quelli fulminati (in senso positivo)Â che mi da un passaggio al supermercato, in passato aveva attraversato tutto il Marocco senza tenda ma solo con un telo in Nylon e con una bici di quelle raccattate nei peggiori sobborghi di Marrakech, mi fa sempre piacere ascoltare le storie di questi simpatici viaggiatori.
Ceno e mi infilo nel sacco a pelo, la notte passa tranquilla e riposo bene.
6 Giugno – Passo tutto il giorno al campeggio in attesa di recuperare la stanchezza del viaggio e che il tempo migliori, situazione veramente pesante che contribuisce ad aumentare le mie ansie.
Per allentare la tensione, finisco di preparare la bici al dettaglio per verificare che tutto funzioni bene, la giornata per quanto lenta comunque volge al termine, la notte é di quelle agitate non chiudo occhio e riesco addirittura a fare un incubo nei pochi minuti di dormiveglia, penso a tutto quello che potrebbe andar male, la paura di fallire è grande.
L'inizio della sfida
7 Giugno – Sveglia alle 4, finalmente ci siamo, faccio colazione, smonto la tenda e la ripongo nello stanzino del campeggio, lascio li tutte le cose superflue, devo andare leggero.
Ore 05:10 del mattino inizia la mia Super Randonnèe delle Dolomiti, tutte le paure e le tensioni scompaiono improvvisamente, adesso mi sento vuoto non sento nulla, devo solo pedalare è facile, l’ho fatto tutti i giorni negli ultimi 6 mesi solo che ora devo pedalare un po di più del solito, ma sono venuto quì apposta, sono quì per superare i miei limiti ed è quello che farò.
La partenza è dura si deve salire al Passo Viote 1.537 mt, ma il silenzio dell’alba e il bosco che mi avvolge rendono tutto più magico, l’aria è fresca respiro a pieni polmoni, mi carico di energia, salgo molto lentamente, forse troppo, ho paura di consumare subito troppe energie vado quindi al risparmio.
Alle 07:50 sono su al Passo, l’aria è pungente a quota 1.537 mt, mangio un panino e riparto come un fulmine giù in discesa, devo recuperare il tempo perso durante la salita e raggiungere al più presto la ciclabile della Val Sugana, non capisco perchè ma sono impallato, le gambe non girano come dovrebbero e non riesco a macinare km come faccio solitamente, sarà forse ancora la paura di consumare troppe energie, ma come darmi torto ho davanti a me ancora 550 km da fare.
La ciclabile della Val Sugana è bella ma lenta a causa dei ciclisti che incontro e non riesco a tenere una buona media.
Arrivato a Borgo Valsugana mi ritrovo intrappolato nel mercato cittadino, perdo ancora altro tempo perchè sono costretto ad avanzare a piedi.
Alle 12:30 il caldo è diventato quasi insopportabile, mi fermo dunque per una coca cola ed un panino con la bresaola, perdo molto tempo anche in questa occasione, essendo la mia prima Randonnèe non ho ancora ben capito che questo non è il solito viaggio in bicicletta, questa è quasi una gara ed il mio non è lo spirito giusto per affrontarla, ma non me ne faccio una colpa avrò altre occasioni per andare forte.
Il caldo è intenso ma riesco a pedalare bene, le gambe hanno iniziato a girare, forse mi sto sbloccando, arrivo nella tratta delle gallerie, non mi sono mai piaciute mi evocano brutti ricordi e poi non mi piace stare al chiuso ho bisogno di ampi spazi aperti e così che subentra il primo accenno di crisi dopo 12 ore dalla partenza, inizio a riconoscerli bene i segnali, mi sento poco lucido ed una leggera tachicardia si fa avanti, il respiro è affannoso, devo fermarmi qualche minuto.
Prendo un gel ad alto contenuto di zuccheri e cerco di mantenere la calma, la crisi passa velocemente l’ho gestita bene, torno in sella e vado avanti.
Mi attende il Passo Cereda a quota 1.369 mt, è duro ma si lascia pedalare, nel frattempo il cielo diventa nero ma non piove ancora, tuttavia una ventata di aria fredda mi si scaglia contro e porta con sé il classico odore della pioggia.
Mi preparo per affrontare il temporale e tiro fuori tutta l’attrezzatura necessaria, compresi i guanti per lavare i piatti e due buste dell’immondizia da mettere ai piedi, sembra ridicolo ma funzionano alla grande, altro che Goretex da centinaia di euro.
Arrivato a 4 km da Forcella Aurine 1.299 mt, sembra che voglia venire giù il mondo, inizia una grandinata epica per cui sono costretto a fermarmi sotto un portico..adesso fa freddo.
Un gentile signore mi fa entrare nella sua officina, era piena di strani attrezzi e non ho capito bene che lavoro facesse, per non passare da scemo non gliel’ho chiesto, è stata piacevole la sua compagnia ma dopo circa 30 minuti inizia a spiovere e decido di ripartire, avevo però fatto male i conti, dopo pochi minuti riattacca violentemente, non importa ormai devo svalicare e scendere velocemente ho già perso troppo tempo.
Arrivato giù il sole splende di nuovo ma una nuova crisi mi assale questa volta è mentale, vado in paranoia e decido di ritirarmi dalla gara, tant’è che addirittura mi siedo ad un bar e prendo una birra grande con 1 panino, erano le 19:00 fra non molto sarebbero anche calate le tenebre inoltre c’era il Passo Duran che mi attendeva.
Prendo il telefono e chiamo Trampmate (Enrico di Santo), mi convince a salire o almeno a provare, era troppo presto per arrendersi ma la paura del freddo e della notte erano grandi, purtroppo pedalare al buio in solitaria mi fa ancora paura.
Per fortuna la birra mi intontisce un pò e prendo coraggio, inizio l’ascensione al Duran alle ore 20:00, dove in caso di riuscita avevo un posto letto ed un pasto al rifugio.
La salita è dura veramente, le pendenze sono importanti ma il bosco attorno è bellissimo, il calare del sole rende l’ambiente ancora più tranquillo e mistico, salgo molto bene la gamba risponde, nel frattempo tiro fuori l’attrezzatura per la notte nel caso non riuscissi a salire in meno di 1 ora e mezza.
Mi sento molto calmo durante la salita, all’improvviso le paure che prima mi stavano bloccando non avevano più alcun effetto su di me, spesso la mente è subdola, ci inganna, quello che la mente genera spesso non corrisponde a realtà , sto imparando a capirlo ma ce ne vuole ancora.
Arrivo al passo alle 21:40 poco prima della notte, c’è una signora che mi aspetta dice, che sono matto a salire la sera con quel freddo sul Duran ma sinceramente non mi é sembrato niente di strano, stavo iniziando a superare le mie paure.
Mangio un piattone di pasta e del Gulash con polenta, mi faccio una doccia e prendo sonno in un istante, la sveglia per il giorno dopo è alle 4:00, ancora troppo tardi.
Alle 4:30 salgo al piano di sopra dove la signora mi aveva lasciato la colazione pronta dalla sera prima, fa molto freddo il sole è ancora basso mi avvolgo nella coperta isotermica perché la discesa è lunga, quella che mi aspetta sarà la prima di due giornate epiche ma non ne sono assolutamente consapevole, io il percorso non l’avevo studiato bene ma presto ne avrei fatto la conoscenza per presa diretta.
Attraverso molti paesi non c’è nessuno in giro, nel frattempo mi accorgo che la coperta isotermica si incastra nel pacco pignoni penso subito al disastro ma fortunatamente riesco a sbrogliare la matassa e vado all’attacco dello Staulanza.
Le prime rampe sono molto dure ecco che iniziavo a capire dove mi trovavo, di certo non erano le salite intorno casa mia, e penso a subito al Passo Giau che mi attende con ansia per darmi una lezione.
Inizio a fare i calcoli per capire se sto andando bene ma non è difficile capire che sono in ritardo, di questo passo non rientro nelle 60 ore, inizia il panico devo attaccare con più insistenza devo aumentare i watt.
Lo Staulanza lo domo, ma non facilmente, arrivo sù, scatto la solita foto e la invio a Fabio,  scendo in fretta devo andare da sua maestà .
Arrivato ai piedi del Giau c’è un cartello a darmi il benvenuto “29° tornante” mi cago addosso ma devo salire, non c’è soluzione, le pendenze sono dure si sale costantemente al 11/12% con picchi del 13%, sorprendentemente salgo veloce ma sempre a testa bassa ci vuole sempre rispetto davanti a tali mostri sacri.
Gli ultimi 200 di ascensione sono duri, un raggio di sole mi acceca, era tutto bellissimo e le imponenti cime rocciose mi fecero sentire una nullità , mettevano paura.
Arrivo in cima e parte una nuova crisi, tremo ed ho fame, chiamo Niki e descrivo le sensazioni mi dice di stare tranquillo, mangio una crostata e bevo un thè devo ripartire non posso perdere tempo, la crisi va via.
La discesa è superlativa, mi faccio strada tra i tanti tornanti che portano a valle, ogni tanto mi giro per guardare quelle bellissime pareti di roccia che riflettono la luce del sole, sembrano degli specchi.
Qualche ora più tardi durante la salita al Passo Tre Croci, circa a 3 km dalla vetta vengo raggiunto da un gruppetto di ciclisti, i classici stradisti tutti tirati a lucido come delle fighettine mi si affiancano e mi sorridono come per dire che andavo piano, per 2/300 metri reggo il passo, d’altronde un Fargonauta non molla mai ma dopo 300 km e 6.000 di dislivello non puoi reggere su un 12% contro bici da 7 kg, così mi staccano.
15 minuti dopo sono sù al passo e gli rincontro così mi fermo per chiedere informazioni, un pò incuriositi dall’allestimento della bici mi chiedono dove stessi andando e cosa stessi facendo, così gli spiego della Randonnèe, loro stentano a crederci, devo tirar fuori il cartellino gara, solo a questo punto vedo nei loro occhi un profondo rispetto….mai giudicare un ciclista dall’andatura, non sai mai da dove viene e dove deve andare….
Loro restano ancora lì fermi, io non ho tempo da perdere sono troppo indietro rispetto alla tabella di marcia, per cui mi lancio in discesa ci sono ancora altri passi da attaccare.
Mi aspettano 20/25 km di discesa dove posso recuperare un po di energie, mi fermo quindi a mangiare un piatto di pasta per reintegrare un po di carboidrati che oggi veramente mi serviranno tutti.
La tanto attesa "zona ultra"...la mia zona ultra
Arrivo al Passo di S. Antonio, 1.476 mt, è bello tosto, ci arrivo in un orario scomodo, verso le 14 il caldo si fa sentire anche troppo, la temperatura arriva facilmente a 30° ed a metà della salita parte la prima vera crisi, devo allungarmi a bordo strada sotto un albero, mi scolo rapidamente le due borracce con i sali minerali, la crisi passa in una ventina di minuti ma non ho più acqua e devo ancora salire un bel pò, per fortuna non incontro grossi problemi e svalico velocemente, scendo di corsa verso Padola dove mi fermo per un nuovo rifornimento di acqua e cibo, prendo anche il primo Oki ed applico dei cerotti antifiammatori sui Tibiali che nel frattempo si erano infiammati, erano iniziati i primi problemi fisici segno che mi stavo spingendo oltre quello che il mio corpo era abituato a fare, il problema era che mi trovavo esattamente a metà strada.
Riparto alla volta del Passo Monte Croce di Comelico a quota 1.636 mt la salita è abbastanza facile quindi salgo molto molto velocemente, forse i carboidrati presi un paio d’ore prima stavano facendo il loro effetto, il grosso di giornata era fatto avevo 40 km di discesa e poi avrei attaccato il Furcia che un pochino mi spaventava visto che non è dei più semplici.
La strada che mi porta a Valdaora non la ricordo molto bene, probabilmente la stanchezza mi aveva fatto perdere la lucidità avevo iniziato ad usufruire del pilota automatico, ricordo solo una bellissima ciclabile e la solita ed immancabile foratura, fortunatamente mi aiuta un ragazzo a riparare perchè mi ero appena accorto che la mia schiena era quasi bloccata, il fisico mi stava dando dei chiari segnali che avevo abbandonato la mia zona confort.
Nuova sosta e si riparte alla volta del Passo Furcia 1.759 mt, la salita anche in questo caso non regala niente, anzi è proprio tosta si arriva al 13% in vari punti, salgo in maniera del tutto inaspettata molto velocemente e riesco a svalicare in 1 ora e 15 minuti, a questo punto realizzo che forse posso farcela, sono veramente contento, la discesa è bellissima mi sento leggero e felice, intanto si fa notte e vado alla ricerca di un posto per mangiare e dormire, con molta difficoltà trovo qualcosa di aperto a Badia.
Perchè alla fine l’ultra non è più uno sport: è un mezzo per arrivare alla natura e a se stessi.
La sveglia questa volta è alle 03:30, devo partire prima se voglio arrivare nelle 60 ore ed alle 04:00 del mattino sono già in sella alla mia Fargo, il Gardena mi aspetta, durante la salita mi godo l’alba, provo delle sensazioni bellissime ma non sono calmo perchè sò che oggi non sarà una passeggiata, mi aspettano 230 km e oltre 5.000 metri di dislivello positivo.
Salgo il Gardena lentamente perchè devo conservare le energie ma il mio ginocchio ha iniziato a lamentarsi in maniera seria, questa volta di mollare non se ne parla proprio, il dolore lo riconosco è quello che mi perseguita da qualche viaggio e sò benissimo che è di quelli bloccanti ma le motivazioni stavolta sono troppo forti per desistere… dai che ci sono quasi.
Arrivato al Passo mi sento provato, mancano ancora 200 km e tanto dislivello però la mente al posto di boicottarmi questa volta “inventa” una realtà diversa, mi fa credere che sarà una strada tutta in discesa, io ci credo e vado avanti, mentre discendo dal passo e mi dirigo verso la Val Gardena inizio a percepire che posso farcela nelle 60 ore se tutto va bene e se mantengo una buona media.
Alle 6 di mattina e l’aria è pungente, la discesa è lunga ma veloce, sento parecchio freddo, mi dirigo verso il Passo Pinei e poi dritto verso Bolzano.
A Bolzano sono costretto a fermarmi per prendere Oki in farmacia, il dolore adesso è diventato quasi insopportabile, dicono che Oki faccia miracoli in questi casi, è giunto il momento di sperimentarlo.
La strada tra Bolzano ed il Passo Mendola è brutta e piena di traffico, ragion per cui inizio a spingere sui pedali come un matto, non mi piace pedalare in posti brutti, voglio allontanarmi il prima possibile e ricominciare a salire, nel frattempo mi accorgo che i freni si sono completamente allentati, decido dunque di fermarmi in un negozio per fare una revisione veloce e per chiedere informazioni circa il Passo Mendola visto che parecchi cartelli stradali lo danno chiuso per lavori, mi confermano che è così, chiamo dunque Fabio per capire cosa succede in questi casi, la risposta è che non c’è soluzione devo salire e scattare la foto altrimenti la Randonnèe non sarà omologata, sale rabbia e panico.
Dopo tutti questi sacrifici rischio di vedere il mio piccolo sogno frantumato per dei lavori in corso, non mi rassegno ed imbocco la salita al passo, sono determinato a passare ad ogni costo, arrivo velocemente al posto di blocco ed incontro degli operai, non vogliono farmi passare (giustamente) ma gli imploro di fare uno strappo alla regola spiegando loro cosa stessi facendo, loro mi rispondono “Non è mica colpa nostra se sei così matto da fare tutta questa strada, oggi da quà non si passa”, dopo un pò di insistenza mi lasciano passare facendo finta di non avermi visto, mi dicono di andare a mio rischio e pericolo.
Salto di gioia sui pedali e salgo velocemente per superare i 3 km di mezzi pesanti che ingombrano la strada per i lavori stradali, dopo poco svalico, scatto l’ennesima foto e via giù per la discesa, a questo punto penso che sia fatta anche perchè mi aspettano 30 km di discesa e 10 di una leggerissima salita dove posso recuperare in attesa di arrivare all’ultimo passo, abbasso la guardia, scende l’adrenalina ed automaticamente il dolore al ginocchio aumenta, improvvisamente anche la stanchezza mi assale ferocemente.
Alle 13 mi fermo per un panino e riparto sotto un sole cocente, penso che la temperatura era abbondantemente oltre i 30° parte una crisi lunga e spaventosa, non riesco ad andare dritto, devo fermarmi di continuo, lucidità scarsissima, bevo litri d’acqua ma il mio corpo non riesce ad adattarsi alle temperature che dal passo a 1.363 mt agli attuali 300 mt di quota è stato sottoposto ad uno sbalzo termico di almeno 20 gradi in meno di 30 minuti.
Arrivato a Croviana al 520 km quasi stramazzo a terra, poggio la bici ed entro barcollando in un bar, sono devastato, mi accascio su una panchina e la ragazza del bar mi viene vicino, mi faccio portare una coca cola nel disperato tentativo di riprendermi velocemente, ma dopo 30 minuti la situazione è la stessa, avviso in ordine cronologico prima Fabio, poi Enrico ed infine Niki che mi ritiro, è impossibile continuare, tutti e 3 mi incoraggiano e ripartire, probabilmente non avevano capito quali erano le mie condizioni, in ogni caso gli ascolto e risalgo sulla bici, pedalo con gli avambracci penzoloni sul manubrio e la fronte poggiata sulla pipa del manubrio, seguivo con lo sguardo la linea bianca della strada, vedevo solo i miei piedi che facevano girare le pedivelle ed ogni tanto guardavo avanti.
Dopo 7/8 km crollo nuovamente, chiedo aiuto ad un signore, mi serve dell’acqua penso di averne bevuti 5 litri in 2 ore, nel frattempo il cielo si scurisce, è la mia salvezza, la temperatura si abbassa di qualche grado e pian piano riacquisto almeno la lucidità .
Il mio corpo è finito, i muscoli si disfano, non spingono più, la salita al Passo Campo Carlo Magno è un’agonia sono andato troppo oltre il mio limite, i tibiali anteriori bruciano tantissimo, non riesco a camminare, il ginocchio è praticamente bloccato e gonfio, faccio 10 passi a piedi e 10 pedalate in maniera alternata, inizio a contare i paletti a bordo strada per andare avanti (mi era successo anche in Islanda il giorno della tempesta nei pressi del Ghiacciaio), le macchine che mi passano accanto si fermano e mi chiedono se sto bene, rispondo di no, ma devo andare avanti cos’altro posso fare? Farmi caricare in macchina? Preferirei morire, improvvisamente ricordo bene il perchè sono quì e chi ero solo 2 anni prima, questa storia non può finire così.
Arrivo su al Passo alle 15:46, manca solo 1 ora e 24 minuti alla scadenza delle 60 ore, ho davanti a me ancora 64 km, di cui 40 in discesa, potrei ancora farcela, se solo non stessi in quelle condizioni.
La discesa questa volta è lenta, ho troppa poca lucidità e cadere in discesa potrebbe rivelarsi disastroso, scendo un po impaurito ma avanzo, arrivo a Madonna di Campiglio e mi fermo per mangiare ancora, sono veramente stremato, entro in un alimentari e mi ferma un signore “Hey ti ho visto prima salire al Passo, eri proprio in difficoltà ma non mi sono fermato, cosa stai facendo?” si vedeva che non stavo facendo il classico giretto domenicale, quando gli ho detto che stavo facendo un’ultra e stavo al 550 km quasi non ci credeva, ingoio la crostata e riparto, riesco addirittura ad andare fuori traccia, ero veramente poco lucido.
Manca solo il penultimo checkpoint, ormai è fatta mancano solo 25 km tra l’altro quasi tutti in discesa tranne qualche piccolo strappo prima di raggiungere Stenico, nelle ultime piccolissime salite mi sembra di scalare l’Everest troppo che sono devastato, quando imbocco la ciclabile per Pietramurata mando un messaggio vocale al mitico Giorgio Musseu Murari (uno dei soli 5 finisher di questa Super Randonnèe) per comunicargli che stavo finendo ed ero il 6° in assoluto a portarla a termine, purtroppo le 60 ore erano scadute, terminerò la mia prima Rando in un tempo di 61 ore 16 minuti.
Gli ultimi km sono stati fantastici, immerso nel silenzio della mia anima piangevo come un bambino il giorno di natale, stava per concludersi uno dei giorni più belli della mia vita, ero entrato in un nuovo mondo, ero andato oltre, ero entrato nella zona Ultra.
- Bicicletta Salsa Fargo in acciaio con forcella Salsa Firestarter in carbonio
- 1 borsetta da manubrio (Stem bag) Lucy Rusjan
- 1 Saddle bag Lucy Rusjan
- 1 powerbank Anker da 20.000 mhA
- 1 Gps Garmin Edge 810
- GoPro hero5 session
- Luce frontale Led Lenser 350 Lumen
- Luce posteriore See.Sense Icon Rear
- 2 borracce da 750 ml
- Integratori SIS GO Electrolyte + Proteine + Amminoacidi 8:1:1
- 1 coperta isotermica
- Multitool Topeak
- 2 camere d’aria
- Fascette di plastica varie misure
- Mini pompa
- Toppe autoadesive per camere d’aria
- 1 falsa maglia
- Nastro americano
- Super Attak
- 1 Divisa Endura estiva con fondello FS260 Pro SL II
- Gambali Btwin
- 1 maglia in cotone Alpinestar
- Scaldacollo
- Antipioggia Alpinestars
- Pantaloni antipioggia Decatlhon
- Casco e occhiali della Scott
- 1 berretto
- Scarpe Northwave Spider Plus 2
- 1 paio di guanti da cucina ed uno in lana
- 2 buste immondizia (da mettere ai piedi in caso di pioggia)
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